L’AUTORE

Nato nel 1585, Heinrich Schütz, noto anche con il nome latinizzato di Henricus Sagittarius, iniziò a studiare legge a Marburgo per spostarsi poi, nel 1609, a Venezia dove studiò musica con Giovanni Gabrieli. Nel 1613, in seguito alla morte di Gabrieli, per il quale nutriva grande amicizia e ammirazione, tornò in Germania. Qui ricoprì il ruolo di organista a Kassel e poi, nel 1615, si trasferì a Dresda dove divenne compositore di corte di Giovanni Giorgio I di Sassonia. Schütz mantenne questo incarico fino alla morte, fondando quella che oggi è la Sächsische Staatskapelle Dresden. Continuò comunque a viaggiare molto e nel 1628 si recò nuovamente a Venezia, molto probabilmente per incontrare Claudio Monteverdi. Nel 1633, dopo che la Guerra dei trent’anni aveva scompaginato la vita di corte, si trasferì a Copenaghen e vi rimase fino al 1641, anno in cui ritornò definitivamente a Dresda e dove rimase per il resto della vita. Morì a seguito di un ictus nel 1672, all’età di 87 anni.
I suoi lavori più rappresentativi sono quelli di musica sacra, che vanno dai pezzi per voce solista accompagnata da uno strumento, alla musica corale a cappella. Fra le sue composizioni più rappresentative si possono citare i tre libri di Symphoniae sacrae, gli Psalmen Davids, Sieben Worte Jesu Christi am Kreuz, le tre Passioni e i Geistliche Chormusik.
Schütz fu uno degli ultimi compositori a usare la scala modale. Nella sua musica fa un uso estensivo dell’imitazione e una caratteristica peculiare delle sue opere sono le dissonanze generate da due o più voci che si muovono fra dissonanze contrapposte alla linea armonica. Soprattutto, la sua musica dimostra un’eccezionale sensibilità e accostamento al significato dei testi.

 

 

IL BRANO

Selig sind die Toten, SWV 391

Il brano è stato pubblicato a Dresda nel 1648, al termine della Guerra dei trent’anni, nella raccolta di ventinove mottetti di Schütz chiamata “Musicalia ad chorum sacrum” ovvero “Geistliche Chormusik” (Op. 11) ed è scritto per SSATTB, con basso continuo. I mottetti di questa collezione, per 5-7 voci a cappella e basso continuo facoltativo (solo per quattro brani è inserita la parte strumentale obbligata), sono importanti non solo per la loro bellezza, ma perché rappresentano il momento in cui Schütz si allontanò relativamente dagli insegnamenti ricevuti a Venezia nella sua giovinezza, convertendo invece a un modello stilistico Nord Europeo, più legato alla tradizione. C’è una rinnovata attenzione alla polifonia imitativa, vivida interpretazione delle parole ottenuta attraverso una scrittura attenta alla declamazione entro un contesto polifonico che, nella prefazione a “Geistliche Chormusik”, Schütz raccomanda come una disciplina ai compositori.
L’intonazione espressiva delle parole iniziali del mottetto “Selig sind die Toten” (Beati sono i morti) è resa magnificamente dai lenti, ricorrenti accordi di fa maggiore separati da accordi di re minore e di si bemolle maggiore. Le frasi imitative che seguono e che richiamano, a volte, il mottetto rinascimentale, mantengono l’atteggiamento di beatitudine con eguale semplicità entrando ad intervalli regolari e spesso alla stessa altezza o all’ottava, mentre a “Sie ruhen” il testo ispira forse la musica più toccante di tutta la raccolta. Probabilmente in questa raccolta si sentirà la mancanza di quella vibrante eccitazione che Schütz seppe suscitare con la sua più spettacolosa musica di ispirazione italiana, tuttavia nel panorama musicale tedesco dell’epoca, nulla può rivaleggiare con la Geistliche Chormusik.

 


 

IL TESTO

Selig sind die Toten,
die in dem Herren sterben,
von nun an.
Ja der Geist spricht:
Sie ruhen von ihrer Arbeit
und ihre Werke folgen ihnen nach.
(Apocalisse 14, v. 13)

Beati sono i morti
che muoiono nel Signore,
da ora in poi.
Sì lo Spirito dice:
essi riposano dalle loro fatiche
e le loro opere li seguono.

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